venerdì 30 marzo 2012

Colpe


Mi sono cucite addosso, come piume.
Nere e folte che potrei volare.
Se la notte che mi guarda da quella finestra,
mi chiamasse,
Andrei a lei come ad una madre.
Anche se il mio corpo cadrebbe.

martedì 27 marzo 2012

Mambo

I suoi fianchi si muovevano ondeggianti. Compivano una danza che catturava gli occhi, li ipnotizzava. Trasportavano in una terra soleggiata, baciata dal mare; ti ritrovavi di colpo sotto un pergolato siciliano a cercare il fresco in una calda giornata d'estate. E Quei fianchi erano l'odore che saliva dal mare, i gerani rossi affacciati dai balconi, e la granita ghiacciata che sorseggiavi. Erano generosi, materni, amorosi. E danzavano ad ogni suo passo. Entrata nel locale tutto si era come fermato, la musica era cessata, le parole erano rimaste sospese, le risate spezzate sui visi. Solo il sordo tocco di ogni suo passo ricordava alla mente che il tempo continuava a scorrere.
La vita sottile.
Il vestito che tratteneva a stento la prorompente dolcezza del suo seno.
Si avvicinò a me, puntò i suoi occhi nerissimi e profondi nei miei. Se solo avesse voluto, in quegli occhi avresti potuto trovare la risposta ad ogni perchè dell'universo. Un secondo. Due secondi e già sentivo di annegare in una mare nero di consolazione. Al terzo secondo un sorriso accecante proruppe dalle porte del paradiso.
"Mi stavi aspettando?"


sabato 3 marzo 2012

Giustizia


"Io non voglio questo potere".
"Lo so."
"Non voglio questa responsabilità.  Maestro dovete dirglielo. Non lo voglio."
"Non posso. E tu non puoi rifiutarti. Ormai è deciso."
Gli occhi le si riempirono di lacrime.
"Maestro io..."

Doveva accettare e lo sapeva. Aveva lavorato tutta la vita solo per essere scelta, sapeva di essere nata solo per poter essere una possibile Agave. Era nata con un talento e lo aveva coltivato fin dalla culla, si era allenata con il corpo e con lo spirito per poter essere la migliore. Non l'avrebbe mai ammesso, ma non le piaceva arrivare seconda in niente.
 Ma tutto questo era avvenuto prima di incontrare quegli occhi. In quegli occhi aveva scoperto qualcosa di molto più grande di un potere: aveva scoperto la speranza di un futuro, la speranza di una felicità. Aveva scoperto cosa i comuni mortali intendessero con "sognare". Aveva accarezzato l'idea di poter abbandonare ciò che era stata costretta ad essere per tutta la vita e diventare ciò che avrebbe voluto essere. 

"Gli dei ci sembrano crudeli a volte. Ma devi essere grata."
"Grata?"
"Sì. Grata per i brevi momenti di felicità che ti han concesso di provare. Avresti potuto non conoscere mai quella sensazione."

Sospirò. Il Maestro come sempre aveva ragione. Il vento le scompigliò i capelli.
"Amico Vento, accarezza il suo viso per me." sussurrò.

Avrebbe accettato.


venerdì 2 marzo 2012

Alestar


Era stanco. Stanco di stare rinchiuso in quelle quattro mura, al buio. Le gambe indolenzite dallo stare a lungo rannicchiato, i polsi doloranti per le corde troppo strette. Era in quel buco da quattro giorni, ma gli sembravano una eternità. Eppure doveva resistere. Sapeva che presto i suoi aguzzini avrebbero iniziato a non tollerarsi più, dandogli così modo di sgattaiolare via. Doveva solo aspettare. Era fuori discussione abbandonare tutto adesso, dopo che aveva organizzato il piano fin nei minimi dettagli. Il rapimento era uno di questi.

Era stato facile. Aveva subito individuato nel clan che si definiva "dei ribelli" i due elementi più ottusi e che si sopportavano meno, ottimi quindi a fargli da guardia. Era bastato rubare l'anello di Acrio, il capo di quella sgangherata banda di vampiri ancora troppo giovani e scarsamente avvezzi al mondo, per firmare il finto ordine.

"Rapite Alestar la notte prima della cerimonia di rinascita e portatelo all'alloggio 4 del primo livello. Lì avrò già predisposto la sua cella; non fate mancare cibo ed acqua al nostro cagnolino, non lasciate la postazione fino a mio nuovo ordine e, per nessuno motivo, neanche sotto tortura, fate parola di tutto ciò. La causa o la morte".

Acrio era borioso quanto inetto. Si era autoproclamato capo dei ribelli ed aveva sposato quella causa che, non capiva, andava contro gli interessi del suo stesso clan. Farlo innamorare della presunta libertà era stato più semplice del previsto: annoiato, viziato, protetto nipote del Nobile, non aspettava altro che una occasione per divertirsi. Era bastato fargli assaggiare sangue di uomo libero. Era bastato sussurrare in quelle orecchie presuntuose e fertili, le paroline "Nobile anziano" seguite da "legittimo erede", per lasciarsi soggiogare dalla dolcissima idea del potere. 

Il livello superiore era accessibile solo agli esperimenti come lui, e all'allevamento: gli unici a poter girare anche alla luce del sole senza subire danni. Nessuno di autorevole sarebbe venuto a curiosare lì, e se fosse arrivato qualcuno di basso livello, i due aguzzini lo avrebbero conciato per le feste.

Non gli restava che attendere.