lunedì 7 novembre 2011

Stasi.

Si prese la testa tra le mani. I neri capelli le scivolarono lungo il viso. Il senso di sconforto ed impotenza la rendevano sgomenta e spaventata.
"Perchè?" pensò.
Aveva sofferto molto nella vita, aveva affrontato prove ben più dure, era allenata al dolore. Ma quello... quello non sapeva proprio come affrontarlo. La sua mente la stava abbandonando.
Un pensiero le passò per un secondo in testa. "Diventare pazza". Scosse il capo come a toglierselo di torno, ma l'angoscia che aveva portato con sè, restava. Alzò gli occhi ed incrociò quelli di lui.
"Come fai a non ricordare le cose belle che abbiam vissuto insieme!". Il tono era d'accusa, e nemmeno molto velato. Non ricordava, non ricordava particolari, non ricordava conversazioni, non ricordava sensazioni. Proprio lei. Proprio lei che si era sempre considerata una sorta di archivio. La sua mente la stava abbandonando.
"Io... io non lo so".
Se non poteva contare più sulla propria testa, cosa le restava? Mentalmente provò a fare una operazione matematica, calcolare il tempo di reazione. 243x27. Non riusciva, non riusciva. Tempo di reazione infinito.
Tutta la consapevolezza della tragedia la avvolse e la sommerse.
Si era persa.

venerdì 28 ottobre 2011

Persa


E non ti accorgi, piuma,
che il tempo passa.
Gli occhi velati,
passaggi ora chiusi per la tua anima.
La mente spenta
rapita dall'oblio.
Immobile per secoli
nella tua bolla sospesa sul mondo.
Dove sei, mia amata?

martedì 18 ottobre 2011

Diversi


Arrivò davanti quel vecchio magazzino fatiscente, spense il motore e scese dall'auto. Fece un respiro. Eccolo, era lì, nascosto lì dentro; percepiva la sua paura, la sua angoscia ogni suo minimo stato d'animo. Entrò a passo sicuro, sapeva perfettamente dove andare. Lui era accucciato a terra come un animale bastonato, tremante e disidratato.
"Va' via. Vattene"
"Stà calmo, sono venuta ad aiutarti."
"No, tu non capisci! Potrei farti del male! Vattene"
"Capisco meglio di quanto tu creda. Bevi"
Gli versò l'acqua giù per la gola; il senso d'angoscia aveva fatto in lievissimo passo indietro. Se l'era immaginato più giovane, invece era un ragazzo quasi sulla trentina. Pensò che si era manifestato tardi.
"Chi sei"
"La tua guida, il tuo oracolo."
"Io...io so fare delle cose...io posso far male alle persone, lo desidero!"
"Lo so. Anche io posso fare delle cose. E tutti noi desideriamo fare male. E' la belva che ci portiamo dentro che ha fame, ma posso insegnarti a tenerla a bada, se ti fiderai di me."
"Ce ne sono altri come me?"
"Non molti. Siamo in guerra, siamo braccati, studiati, seviziati e quando non serviamo più per i loro esperimenti, uccisi."
"Perchè?"
La paura aveva fatto un passo avanti.
"Perchè siamo diversi. Siamo speciali, e dobbiamo riprenderci ciò che è nostro."
Incredulità e sospetto avevano fatto capolino.
"Ma tu chi sei? come mi hai trovato?"
"Te l'ho detto, anche io so fare delle cose. Cose molto potenti, cose peggiori delle tue. Il mio desiderio,la mia fame è molto profonda... Guarda."
Si concentrò, i suoi lunghi capelli nerissimi sembravo essere sospinti da un vento inesistente, una luce sembrava pervaderla; la sua mano iniziò a brillare prima rossa e poi via via sempre più fredda fino a stabilizzarsi in un blu ghiaccio.  Aprì il palmo ed un microscopico fulmine vi giocherellava all'interno.
"Un piccolo assaggio mio caro e vecchio amico. Io comando la folgore." disse, e nel mentre scagliò la minuscola luce lontano, contro una parete. Ci fu un tremendo boato e un enorme buco.
"Come hai fatto?" Incredulità e speranza. Bene, ci siamo.
"Ah chiedilo al mio DNA. Dai, alzati" Sorrise, stava iniziando a fidarsi. Era lui uno di quelli che aveva cercato per molti luoghi e per molte vite. Finalmente lo aveva trovato, c'era una speranza di salvezza.
Bip. Bip. Bip.
Rumori di auto che si fermavano, decine di piedi, decine di emozioni. Paura, ansia, soddisfazione, senso di controllo.
Vittoria. Era venuto anche il grande capo a prenderli ed era sicuro di aver vinto.
"Ti sbagli mia dolce Adane, non ci hai ancora presi. Prescelto, tieniti forte a me, stai per capire che tutto ciò che hai solo letto nei libri di magia e per bambini, è tremendamente reale."
Si concentrò. I cuori, i passi, le voci erano sempre più vicine, doveva fare presto. Cercò con la mente la maglia giusta in quella fitta trama, finalmente trovò un appiglio. Eccolo, l'aveva agganciato.
"Ego tibi imperio"
Lo spazio ed il tempo si dilatarono, la sensazione di infinito li pervase. E fu buio.

sabato 10 settembre 2011

Like Elizabeth

La cosa più saggia che ho imparato dai romanzi di Jane Austen sulle donne ( e non solo), l'ha detta un uomo,il pigro, ironico, arrendevole e rasseganto padre di Elizabeth in Orgoglio e Pregiudizio: " Spero che non farai la signorina delicata che si offende per un pettegolezzo. Perchè di cosa si vive, se non per essere oggetto di ridicolo agli occhi dei nostri vicini, e per ridere di loro a nostra volta?".
Elizabeth aveva l'ingenua e presuntuosa convinzione di poter piacere a tutti, di ricevere in virtù dei suoi begli occhi, della sua intelligenza e dei suoi modi aggraziati solo parole carine anche dietro le spalle, e viveva ogni diceria, ogni minuscolo complotto, ogni frase sgradevole di qualche vecchia zia imbalsamata o di ex pretendenti bacchettoni come una profonda ingiustizia, un sopruso immeritato.
Probabilmente ad entrambe mancava la leggerezza necessaria per volare al di sopra del pettegolezzo.
Mancava.

giovedì 28 luglio 2011

Anche tu hai preferito la mia mancanza. Perchè avermi, forse, ti costava fatica.

mercoledì 20 luglio 2011

Fuori

Adesso sono pulita da te.
Adesso che il sangue è scivolato via come una dolce tragedia, adesso, oltre che le ferite sui polsi, si potranno rimarginare anche quelle al cuore.
Adesso non scorri più nelle mie vene.

venerdì 15 luglio 2011

Pozzo

"Lo dico per te, perchè voglio aiutarti".
Lo guardò dritto negli occhi, in quegli occhi caldi che le erano sempre stati vicino. In quegli occhi aveva riposto così tante speranze, in quegli occhi si era vista ridere e piangere, in quegli occhi aveva conosciuto un briciolo di serenità. Ora si rivedeva spaventata.
"Non mi toccare".
"Non ti sto toccando, ti sto solo vicino." disse lui, guardandola stupito.

Lo sentiva risalire, attraverso le viscere. I suoi artigli bucavano, i suoi denti straziavano, le sue urla dilaniavano. Risalì in cima alla bocca. Eccolo di nuovo, il Mostro. Eccolo riproporsi, imporre la sua autorità. La sua legge.
Non c'erano più gli occhi caldi, ora erano pozzi profondi di cupidigia. Non sentiva ciò che lui le diceva, sentiva solo il Mostro che si nutriva della sua paura. Paura di un uomo che amava ma che non riconosceva.
"Lasciami per favore...lasciami...ti prego"
Non importava che lui non la stesse toccando. Lei era di nuovo lì, su quello squallido divano. Il peso sul petto era lo stesso di allora, la frustrante incapacità di non riuscire a far altro che mormorare basta. Ricordava finanche l'odore di quella sera, ricordava il copridivano con stampe fiorate su tessuto rosa di scarsa qualità, il pavimento di gres grigio decorato dalle macchie di sangue, il suo sangue, il sangue della violenza.
Il Mostro era euforico, urlava dal piacere del ricordo per poter diventare più grande.
Quegli occhi erano ancora neri per lei, anzichè di liquido cioccolato.
"Ora io entrerò in bagno e chiuderò la porta e tu sparirai da qui."
"No aspetta! Lascia che ti parli, che ti dica solo una cosa..."

Non lo sentiva. Il Mostro gridava troppo forte. Si girò lentamente ed entrò in bagno, richiudendo la porta a chiave dietro di sè. Alzò la tavoletta del water e si infilò due dita in gola. Vomitava nero. Il Mostro aveva perso potenza, ma le chiedeva ancora un sacrificio per tornare a rintanarsi.
Sì sciacquò la bocca ed aprì l'armadietto. Era lì come sempre. Tenendola fra due dita si incise lievemente la pelle, il tanto che bastava affinchè si rimarginasse in fretta. Il dolore fisico la distolse per un attimo da quello dell'anima. Il sangue iniziò a fluire, dapprima nero, come il vomito, poi via via sempre più chiaro, fino al rosso.
Il mostro aveva avuto il suo sacrificio anche questa volta. Era finita.

Uscì dal bagno e si affacciò ad una delle finestre. Lo vide andare via, ingobbito sotto un peso invisibile.
"Addio" pensò.

mercoledì 6 luglio 2011

Sospesa

Come foglia che Aliseo culla,
Come sogno che Morfeo regala,
Come colore che nel buio gioca,
Come polvere che
nella luce agonizza .
Questo mi appaio.
Fermo immagine di emozioni.
Come seta che il Ragno tesse.
Raccogli il mio filo, Teseo,
E abbandonami alla tua finestra.

mercoledì 29 giugno 2011

Un blu.

"Ahah Sono tutte cazzate"
Io questo lo meno. Un jeb diritto sul naso. Anche se è 20 centimetri più alto di me, lo meno lo stesso.
"Cioè tu vuoi davvero farmi credere che parli con i morti? Ahah"
Perchè solo sul naso? Gancio e montante. Uno sul naso e uno sulla mandibola. Gli voleranno due denti di sicuro. Facciamole valere ste lezioni di thai boxe.
"Io non son qui per far credere niente a nessuno. Così è. Se ti sta bene, altrimenti io vivo lo stesso."
Idiota di un ragazzino. Quanti anni potrà avere? 20 o forse 21.
"Ehy Lady, non ti scaldare. Dico solo che non è credibile. Qualsiasi persona sana di mente lo capirebbe. Devi avere qualche problema. Ahah"
Un calcio nella palle. Ecco cosa ti ci vuole. Non è soddisfacente come prenderti a pugni, ma ti leverà il ghigno dalla faccia.
"Uh signorina, che espressione sdegnata. Scommetto che in quella testolina mi stai dando del coglione"
"In realtà conto sulla tua consapevolezza. Ma non sono qui per dirti ciò che sei o non sei. Ho un messaggio per te."
"Ahah e da chi? Da ET?"
Ignorante.
"ET era un alieno, e a meno che quel ragazzo che ti sta vicino non sia figlio di un antico popolo di rettiliani venuti sulla Terra, no, non è da parte di ET"
Guarda guarda adesso hai smesso di ridere, eh?
"Tanto non ci credo. Adesso tirerai fuori la solita storia dell'amico morto in un incidente che vuole dirmi che sta bene e di non preoccuparmi per lui. Il trucco più vecchio del mondo"
"Prego?"
"Ma sì ma sì. Al giorno d'oggi tutti abbiamo avuto un amico o un parente morto per un incidente. Lo conosciamo tutti uno morto così. Non mi incanti bella Lady. Anzi fai una cosa, descrivimelo và"
Levati quel sorriso ebete dal viso.
Perchè devono capitare tutti a me. 
"Come preferisci. E' alto quasi quanto te, forse un po' di meno. Ha un pantalone nero fino a tre quarti, con molte tasche, delle converse blu ai piedi, una felpa grigia col cappuccio con scritto CUBA in rosso. Porta i capelli molto corti, rasati, ed un orecchino sul padiglione. Ha un tatuaggio su una tempia, come fossero punti di sutura."
Bingo.
"Dice che è morto per la leucemia. Niente incidente, niente ET"
"Cazzo."
Eh già, benvenuto nel mio mondo baby.
"Christian. Come hai fatto? Come sai di lui? Chi diamine sei tu?"
Reazione comune: chi sei, cosa vuoi, prendi i soldi e fallo andare via.
Però questo ragazzo è diverso, il mio istinto non sbaglia mai. Questo ragazzo è blu.
"Te l'ho detto. Posso vedere i defunti e parlare con loro."
"Tu sei malata, sei una pazza scatenata. Io me ne vado"
"Aspetta"
Il contatto con il suo braccio è caldo. Gli ho toccato un braccio? Io? Ho sfiorato volontariamente la pelle di questo ragazzo. E' impossibile! Cos'ha di diverso? Cosa mi sta succedendo?
"Ha una cosa da dirti. Quello che hai cercato così tanto e che credevi fosse andato perduto è solo abbandonato. Dentro i tuoi vecchi jeans strappati al ginocchio per quella caduta in bici, nel quarto cassetto della cassettiera in corridoio. C'è un ulteriore messaggio in quei jeans per te. A me non è concesso sapere di cosa si tratta."
I tuoi occhi sono grandi ora, liquidi. Marroni o verdi non riesco a distinguere bene mentre mi guardi così. Non guardarmi così intensamente. Smetti. Tengo ancora la mia mano sul tuo braccio. Ma perchè non riesco a staccarmene, il contatto dovrebbe repellermi. Eppure..
"Grazie"
"Di nulla. Ora posso andare. Ciao"
Devo andarmene. Girati e vattene. Girati e Vattene. Ecco così, brava. Un passo dopo l'altro.
"Ehy Lady"
"Sì?"
"Ti va un gelato?"
Va' via. Questo ragazzo è un blu. Vattene.
"Sì."

domenica 26 giugno 2011

Stringimi madre
ho molto peccato
ma la vita è un suicidio
l'amore è un rogo
e voglio un pensiero superficiale
che renda la pelle splendida

senza un finale che faccia male
coi cuori sporchi
e le mani lavate
a salvarmi
vieni a salvarmi
salvami
bacia il colpevole
se dice la verita.

Passo le notti
nero e cristallo
a sceglier le carte
che giocherei
a maledire certe domande
che forse era meglio
non farsi mai

e voglio un pensiero superficiale
che renda la pelle splendida
a salvarmi
vieni a salvarmi
salvami
bacia il colpevole
se dice la verità.

giovedì 23 giugno 2011

Buio

Si svegliò in quello stato di intorpidimento ormai familiare. Era ancora buio. La sveglia ticchettava allegramente le 10 e 30 del mattino, eppure era buio. A fatica si alzò dal letto, "Ora arriva la vertigine", pensò; puntualmente venne a salutarla. Si avvicinò alla finestra e l'aprì. Era pieno giorno, il mondo si muoveva frenetico nella sua indefferenza verso se stesso. Eppure era buio. No, non era buio fuori, era buio dentro.
Pensò di non ricordare più com'era quando alzarsi al mattino voleva dire luce, com'era non avere quel peso, com'era stare bene. Riflessa nel vetro della finestra una stanca ragazza le rimandava il suo stesso sguardo.
"Stupida".
I morsi della fame si confondevano con quelli del dolore. No, non avrebbe mangiato nemmeno oggi. Pallida illusione di tenere a bada il mostro. Riusciva a vedere attorno alle sue mani, alla sua pelle il sottile strato di schifo che si portava addosso da anni.
Ripensò alle parole di lui, dette la sera prima: "Perchè non vuoi parlarne con me? Non tenermi fuori."
Come si spiega il buio, il vuoto, il marcio? Come si spiega l'odore di anima morta?
"Non è che voglia tenerti fuori, è che non voglio entrare io."
Si riscosse. Accese il portatile nella speranza di trovare qualcuno o qualcosa che la facesse ridere per un po'.
Un'altra giornata d'eclissi aveva inizio.

mercoledì 22 giugno 2011

Eterni attimi d'incertezza
leggo sul tuo viso.
Dubbi che colorano i tuoi occhi,
labbra distrutte dal voler parlare
e non volere.
Dita che solcano le tue paure.
Tormento. Dilemma.
Rosea rassegnazione del sè.
Specchio.

L'Oracolo

Era bella. O almeno così le dicevano in molti. Non credeva di esserlo affatto, credeva di essere carina sì, a tratti piacevole, ma non bella, proprio no. Eppure continuavano a ripeterle che era bella.
"Deve esserci qualcosa di più." pensò.

"Certo che c'è".

Si girò di scatto: un ragazzo era lì, in piedi, nella sua camera. Poteva avere si e no, vent'anni, ma aveva qualcosa di diverso, qualcosa di bello e terrificante allo stesso tempo. Emanava bianco e potenza.

"E lo sai anche tu".

Certo che lo sapeva, sapeva molte cose ma non sapeva come faceva a saperle.

"Perchè lo so?" chiese.

"Perchè sei l'Oracolo."
Al sentire quella parola, improvvisamente, immagini, suoni, odori, frammenti di vite vissute le ritornarono in mente. India, Egitto, Cina, Europa. Forse ricordi.

"Tu sei nata per questo. Sei nata per trovarli, per riunire i Cinque e formare l'Uno. La tua Anima antica fu forgiata per servire la loro, per portare il fardello del Sapere senza Sapere. Essi verranno a te e tu li sentirai, indicherai loro il cammino e, anche questa volta, ti dissolverai."

Abbassò gli occhi, era difficile guardarlo.

"Sta arrivando, vero? La guerra intendo"

Il ragazzo sorrise e sparì, nel nulla, così come era arrivato. Si stupì di non essere spaventata nè incredula, si stupì di non avere alcun dubbio; era tutto vero, dalla prima all'ultima parola. Ecco svelato il mistero, ecco perchè aveva sempre avuto quei flash del futuro e di molti passati. Era l'Oracolo.
Si avvicinò di nuovo alla finestra. La pioggia rigava il vetro come lacrime.
"E' tempo."