lunedì 22 aprile 2013

Mr. Schifo




Si guardava allo specchio da un tempo lunghissimo. Non riusciva a riconoscersi nell’immagine riflessa, ma ciò non la spaventava affatto, anzi, le donava un senso di benessere, quasi come fosse parlare con qualcuno che la conoscesse da anni. Ma non che l’amasse. Eppure lo sapeva bene, non era lei. Era il signor Buio Fosforescente che di cognome faceva Schifo.
E Mr. Schifo aveva il suo stesso volto, per un’ironia crudele.
Si era ormai abituata a sentirlo sopra la pelle, come un vestito attillato; poteva, di notte, quasi vederlo malignamente brillare, nella speranza di attrarre qualcuno, al solo scopo di far bella mostra di sé; attraverso lo specchio le ricordava quanto fosse stata sciocca a lasciarlo entrare, quanto continuasse ad essere sciocca nel non lasciarlo uscire.
Gli occhi, trasparenti come vetro, indugiarono sui tatuaggi. Aveva il corpo pieno, per coprire la pelle piena di lividi agli occhi degli altri, e per ricordarne ai propri l'esatta posizione.
Un sorriso le sfiorò le labbra, mostrando una fila di denti marci e rotti. Ennesimo regalo di Mr. Schifo e il continuo nero vomitare.
“Potrei ucciderti, se lo volessi.” Le disse dallo specchio, col suo stesso sorriso avariato.
La finestra aperta sul cortile da ba sso, faceva capolino sonnecchiante.
E in attimo nulla esistè più.

mercoledì 3 aprile 2013

Un viso scavato dal pensiero
mi fissa da uno specchio appannato.
Cos'è la felicità? Chiedo.
Un sorriso. Un film già visto.
Un ritornello conosciuto.
L'accettazione di ciò che altri
hanno già scelto per te.
Perchè sei triste? Chiede.
Perchè penso.