"Se
solo ne avessi avuto il tempo" pensò.
Se solo
avesse avuto più tempo avrebbe potuto salvarla, trovare la cura. Invece adesso
giaceva morta tra le sue braccia.
Sara.
Un mondo
a sé stante.
Quando
la conobbe le era sembrata insignificante: cosa aveva di tanto speciale?
Restava sempre in silenzio durante le conversazioni, raramente si esponeva
pubblicamente, era come se volesse restare in ombra, una osservatrice esterna.
Si erano conosciute in uno di quei gruppi di sostegno, entrambe con problemi di
droga alle spalle, seppur roba leggera. Il gruppo era una accozzaglia di gente,
persone che realmente avevano problemi e volontari, che si mascheravano da
drogati. Si parlava di molte cose, specie in gruppetti da 3 o 4 persone, non si
parlava mai apertamente di droga, ma quando qualcuno si sentiva a proprio agio,
protetto e non giudicato, raccontava la propria storia.
Sara non
la raccontò mai pubblicamente. Sara ascoltava. Sara sorrideva gentilmente.
Asia era
in quel gruppo da molto più tempo, quando Sara,timidamente, varcò la soglia per
la prima volta. Gli sguardi di tutti furono catalizzati da lei, che sembrava un
cerbiatto in una gabbia di puma. Non era affatto bella, i difetti fisici erano
evidenti, ma tutto scompariva, tutto il resto veniva oscurato quando si
incontravano i suoi occhi: scuri, profondi, antichi, come un legno che ha
vissuto troppe vite, dolci eppure vivissimi; sembravano bucarti l'anima.
Fin dal
primo istante, divenne il fulcro attorno al quale tutto il gruppo ruotava. Ogni
discorso, ogni sguardo, ogni sorriso era volto alla sua conquista. Ma lei era
fredda con tutti, fredda e gentile. Sapeva tenerti a distanza facendoti
comunque sentire speciale. E non smetteva mai di sorridere, sebbene il suo, era
un sorriso triste.
Il
gruppo di sostegno si chiamava "La Cura" e si basava sul principio
postulato da un giovane psicologo sul quale nessuno avrebbe mai scommesso un
soldo. In un gruppo così variegato di persone, con problemi di ogni natura,
ogni paziente (anche se questo termine non veniva mai utilizzato. I
partecipanti si chiamavano "usufruitori") avrebbe trovato qualcuno
simile a sé o talmente diverso, da riuscire a confidarsi, scavando
profondamente nella propria coscienza, questi avrebbe poi, naturalmente e senza
sforzo, fornito la cura per ricominciare a vivere. Un processo spontaneo, che
creava un legame indissolubile tra due persone, privo di qualsiasi fondamento
scientifico ma che, incredibilmente, funzionava. Già in molti avevano trovato
la propria cura, scambiando spesso questo legame per amore o per karma, e
riuscendo a superare il momento più buio della loro esistenza.
CONTINUA