martedì 31 luglio 2012

La Cura



"Se solo ne avessi avuto il tempo" pensò.
Se solo avesse avuto più tempo avrebbe potuto salvarla, trovare la cura. Invece adesso giaceva morta tra le sue braccia.
Sara.
Un mondo a sé stante.
Quando la conobbe le era sembrata insignificante: cosa aveva di tanto speciale? Restava sempre in silenzio durante le conversazioni, raramente si esponeva pubblicamente, era come se volesse restare in ombra, una osservatrice esterna. Si erano conosciute in uno di quei gruppi di sostegno, entrambe con problemi di droga alle spalle, seppur roba leggera. Il gruppo era una accozzaglia di gente, persone che realmente avevano problemi e volontari, che si mascheravano da drogati. Si parlava di molte cose, specie in gruppetti da 3 o 4 persone, non si parlava mai apertamente di droga, ma quando qualcuno si sentiva a proprio agio, protetto e non giudicato, raccontava la propria storia. 

Sara non la raccontò mai pubblicamente. Sara ascoltava. Sara sorrideva gentilmente. 

Asia era in quel gruppo da molto più tempo, quando Sara,timidamente, varcò la soglia per la prima volta. Gli sguardi di tutti furono catalizzati da lei, che sembrava un cerbiatto in una gabbia di puma. Non era affatto bella, i difetti fisici erano evidenti, ma tutto scompariva, tutto il resto veniva oscurato quando si incontravano i suoi occhi: scuri, profondi, antichi, come un legno che ha vissuto troppe vite, dolci eppure vivissimi; sembravano bucarti l'anima.
Fin dal primo istante, divenne il fulcro attorno al quale tutto il gruppo ruotava. Ogni discorso, ogni sguardo, ogni sorriso era volto alla sua conquista. Ma lei era fredda con tutti, fredda e gentile. Sapeva tenerti a distanza facendoti comunque sentire speciale. E non smetteva mai di sorridere, sebbene il suo, era un sorriso triste.
Il gruppo di sostegno si chiamava "La Cura" e si basava sul principio postulato da un giovane psicologo sul quale nessuno avrebbe mai scommesso un soldo. In un gruppo così variegato di persone, con problemi di ogni natura, ogni paziente (anche se questo termine non veniva mai utilizzato. I partecipanti si chiamavano "usufruitori") avrebbe trovato qualcuno simile a sé o talmente diverso, da riuscire a confidarsi, scavando profondamente nella propria coscienza, questi avrebbe poi, naturalmente e senza sforzo, fornito la cura per ricominciare a vivere. Un processo spontaneo, che creava un legame indissolubile tra due persone, privo di qualsiasi fondamento scientifico ma che, incredibilmente, funzionava. Già in molti avevano trovato la propria cura, scambiando spesso questo legame per amore o per karma, e riuscendo a superare il momento più buio della loro esistenza.


CONTINUA

giovedì 26 luglio 2012

Come la neve

Come la neve.
Avrebbe voluto essere come la neve: candida, impalpabile, inafferrabile.
Invece era il suo cuore ad essere come la neve: gelido, soffocato, immobile.
La vita l'aveva resa refrattaria alle persone, al contatto umano; la paura l'aveva resa gelida.
Non si dà confidenza agli sconosciuti, ma nemmeno ai conosciuti.
Il suo motto.
Aveva il corpo ricoperto di tatuaggi per coprire la pelle piena di lividi agli occhi degli altri, e per ricordarne ai propri l'esatta posizione.
"Mi entusiasma sempre la neve!"
Una ragazzina dai capelli biondi e gli occhi sognanti, fissava estasiata la prima nevicata dell'anno dalla finestra accanto alla sua.
Senza rispondere, tornò ai propri pensieri.
Come la neve. Avrebbe voluto essere come la neve.

lunedì 23 luglio 2012

Ti Amo, come la Quercia ama il Sole.
Alla mia ombra riparati, Fiore,
che nessuno più potrà vedere.

lunedì 16 luglio 2012

Mefisto

La stretta stanza era soffocante. L'aria calda di pieno Agosto, irrespirabile. Aprì la finestra, in cerca di un soffio di vento che potesse accarezzargli il viso ed il cuore. Attese due minuti, ma dal mondo ottenne solo rumore, smog e irritazione come risposta. Seccato, richiuse la finestra.
"Devo decidermi a comprare un ventilatore", si disse.
"Posso farlo io", rispose una voce.
Proprio davanti la porta, stava un uomo, vestito elegantemente di nero, che lo guardava con un sorrisetto sardonico.
"Posso farlo io" ripetè lo sconosciuto "Posso mettere addirittura un condizionatore, se vuoi. Sigaretta?"
"No grazie. La padrona di casa non vuole che si fumi in camera." rispose, rendendosi conto che la risposta giusta sarebbe dovuta essere una domanda.
"Ah, non preoccuparti. Ci penso io" chiocciò l'uomo, sempre tenendo il pacchetto in segno d'offerta.
Finalmente, Marco, si risolse dallo stupore e chiese:
"Chi diavolo sei tu?"
"Uh non c'è mica bisogno di offendere in questo modo! Anche se non ci sei andato molto lontano. Ho molti nomi, in molte lingue, ma credo tu possa chiamarmi Mefisto."
"Mefisto...Mefisto?!?"
"Lui. Cioè, io."
Finalmente si convinse ad accettare la sigaretta che lo sconosciuto non aveva smesso di offrirgli, come se fosse sicuro che l'avrebbe accettata, e, accendendola, si diede del pazzo.
"Tutta colpa del caldo" pensò.
"Oh sì, e vedrai, in inverno sarà colpa del freddo e in primavera colpa della febbre da fieno."
L'espressione dello sconosciuto divenne più seria e cupa.
"Farai meglio ad accettarlo, ragazzo. Ti ho scelto e non me ne andrò facilmente."
Un battito di ciglia segnò il momento della scomparsa.
La sigaretta bruciava sbigottita tra le dita, come colui che la reggeva.