giovedì 9 agosto 2012

La Cura - II Parte


 Naturalmente Sara era la cura più ambita; tutti credevano di poter trovare il balsamo per le proprie ferite in lei.
Una volta, uno dei ragazzi più intraprendenti le chiese: “Di che tipo di uomo ti innamoreresti?”
“Io mi innamoro delle persone, non di uomini o donne.”
Una risposta che lasciò basiti in molti, e alimentò il sospetto che la diversità dell’eterea ragazza, fosse ancora più marcata nei suoi gusti sessuali.
Asia si manteneva sempre a distanza, sebbene anch’ella cercava inconsciamente di attirarne l’attenzione. Sara le faceva paura: Era la creatura più strana che avesse mai incontrato; provava una sorta di invidia poiché tutto ciò che faceva, Sara lo faceva meglio, tutto ciò che sapeva, Sara ne sapeva di più, tutto ciò che avrebbe voluto fare o conoscere, era già nelle corde di Sara. Eppure non la ostentava mai, la finissima intelligenza.
Un giorno in cui la frustrazione e l’esasperazione per l’ennesimo fallimento portarono Asia sull’orlo del baratro, pronto a risucchiarla giù in un vortice di droga, alcol e dolore, Sara le si avvicinò con quel sorriso caldo e gentile.
“Mi chiedevo come mai non parli mai con me.”
Non era affatto una domanda, ma una affermazione a cui la risposta non poteva essere negata.
“Cosa?”, balbettò Asia confusa.
“Oh, temo che tu mi stia giudicando vanitosa in questo momento. Ma vedi, ho parlato e sorriso e ascoltato tutti in questa sala. Tutti meno che te. Ecco, mi chiedevo se ti avessi potuta offendere in qualche modo.”
Nemmeno questa volta vi era il punto interrogativo.
“Perché pensi questo?”
Inesorabilmente venne a galla la differenza profonda tra loro: una piena di punti interrogativi tra le braccia a farle da scudo, l’altra che brandiva certezze e punti, come un fioretto affilato.
“Continui a non rispondermi. Questo aumenta le mie perplessità.”
Un sorriso che spaccava l’anima, dopo che il fioretto te l’aveva segnata.
"Io non... " balbettò "Per nessun motivo, cioè non c'è un motivo particolare. Non c'è stata occasione."
Sara inclinò leggermente la testa di lato, senza mai smettere di sorridere.
"Ah" disse "Capisco. Beh ora abbiamo creato l'occasione, potremmo sfruttarla, magari andando a prendere un caffè"
Il primo impulso di Asia fu di rifiutare, aveva paura e soggezione, ma quegli occhi la scrutavano dentro: sembrava che Sara fosse perfettamente al corrente di ciò che stava pensando e provando, così si risolse ad accettare. Solo per deluderla. Solo per sfida.
Quello fu il primo caffè di una lunga serie. Dopo ogni seduta col gruppo, il piccolo rituale si ripeteva: un sorriso di Sara, un cenno di assenso di Asia e si ritrovavano sedute allo stesso tavolino del bar in fondo alla strada. Non si scendeva mai nel personale,  si parlava di niente e di tutto anche perchè Asia creava spesso un muro difensivo così alto che era impossibile valicarlo. Credeva di mascherare le proprie debolezze al mondo, credeva che il muro potesse proteggerla da ciò che c'era all'esterno, era sicura che nessuno l'avrebbe mai capito, ed in effetti nessuno l'aveva mai capito prima di Sara, che una sera esordì con:
"E' strano parlare con te. Mi hai invitata davanti la tua casa, nel tuo profondo, ma mi hai lasciata chiusa fuori. C'è un insormontabile muro, non ci sono porte per attraversarlo nè appigli per scavalcarlo, c'è solo una piccolissima finestra, dalla quale mi parli tu. Mi piacerebbe vedere cosa tieni custodito nella tua casa-anima. Ti svelerò un piccolo segreto: oltre la porta della mia casa, c'è un lunghissimo corridoio denso di buio, terribile, ma se riesci a superarlo ed arrivare alla porta d'uscita ti troverai immersa in un giardino, e sotto un enorme salice piangente, ci sono io, seduta con in mano un libro. So che non hai mai parlato dell'anima di una persona come se fosse un luogo, ma a me viene naturale farlo. Credo che dovresti iniziare. Sarà più facile poi capire te stessa e gli altri."
"Nemmeno tu mi lasci attraversare la tua porta. Mi piacerebbe vedere quel giardino"
Il sorriso di Sara si incupì.
"E' vero, ma c'è puzza di anima morta, non sarebbe bello da visitare. In realtà,  passo la mia vita nel corridoio buio. La notte è una madre amorevole."
E il suo sguardo si perse oltre la vetrina. Erano così le conversazioni tra loro: dense di significato, seppur scarne di parole.


CONTINUA