martedì 26 giugno 2012

E se..

Chi dice che ci sia un modo giusto per vivere la tristezza?
Chi dice che il modo giusto non sia il tuo? O il mio.

E se il dolore, il dolore vero, fosse il restare sospesi a metà tra il viverlo ed il dimenticarlo? Il lasciarlo sempre lì, in attesa, vivere emozioni diverse nel mentre: ridere, sorridere, emozionarsi, stupirsi e poi tornare ad essere superficialmente tristi. Perchè la tristezza è sempre lì. Perchè si vive di più e più a lungo non affrontandola a pieno,ma centellinandola. Perchè sia duratura ed intensa a suo modo. Perchè forse viverla fino in fondo significa quasi non viverla, superarla tutta d'un fiato.


E se fosse questa la vera tristezza?


E la felicità. Prova a pensare alla felicità: te la ricordi?

La felicità è l'attesa di essa ed il ricordo; il momento preciso in cui sei felice, è così effimero che te ne accorgi solo quando non lo sei più.

domenica 24 giugno 2012

Scontro


Ed all'improvviso il mondo si spense.
Era sola in quel budello. La torcia l'aveva abbandonata, chissà forse le pile erano scariche oppure aveva già attraversato la barriera. Il cuore batteva all'impazzata, rumori sconosciuti e fino a quel momento non percepiti, sembravano assordarla. Il fiato sembrava spezzarlesi in gola. Un basso ringhio dietro la schiena la fece sobbalzare. Il buio era totale, eppure brulicava di creature. Si costrinse a calmarsi concentrandosi sul proprio respiro. 
Inspirare. Espirare. Inspirare. Espirare.
D'un tratto, una consapevolezza dolorosissima la investì: si trovava al di là della barriera magica. Da questo momento in poi, doveva dimenticare il mondo conosciuto e civilizzato, per entrare in un medioevale mondo fatto di magie, esseri fatati, mostri e cavalieri.
Il ringhio si fece più vicino. Sapeva che i suoi sensi erano tesi e in allerta, e il non sentire nessun odore della bestia, nessun minimo rumore che le sue zampe potessero fare, significava solo una cosa: illusione.
"Non devo credere che sia vero" si disse.
Infatti a poco a poco, il buio cessò di essere foriero di vita, per restare soltanto buio. Denso, fetido, spaventoso buio.
"Bene. Non credevo che ce la potessi fare così presto. Sono sorpreso"
Una voce fredda riecheggiò tra i cunicoli. Una voce familiare.
"Chi sei? Mostrati."
"Sono proprio davanti a te. Illuminami." la schernì la voce.
Conosceva le parole da pronunciare, ma non era sicura funzionassero, poichè nel mondo "normale" la magia era bandita; per quanto si fosse provata, non era mai riuscita in nessun trucchetto. Ci voleva un grande potere per vincere la restrizione, e lei, decisamente, non lo aveva.
"Aleacta lux".
Un globo di luce azzurra comparve nella sua mano, sorprendendola non poco.
"Brava. E adesso guardami".
Il globo si avviò verso la voce, quasi fosse attratto da una forza misteriosa. Per un attimo illuminò un volto di un giovane uomo, i suoi occhi vitrei, e una bocca aperta, spalancata. Il globo di luce si tuffò all'interno della gola sparendo, e fu di nuovo buio.
"Io sono l'oscurità. La tua pallida luce è attratta da me, desiderosa di illuminarmi, ma serve solo a nutrire il mio buio. Anche l'oscurità emette luce, sai?".
E così dicendo, l'intero cunicolo venne avvolto da una strana luce nera, spettrale. Come se la notte fosse entrata d'improvviso sotto terra, rischiarando. 
Così le permise di vederlo.
"Luke..."
Colui che era venuta a salvare, colui che amava profondamente, era colui che avrebbe dovuto sconfiggere.

venerdì 8 giugno 2012

Regina Athena


Passeggiava per quel vialetto ghiaioso con una strana calma. Molti visi la guardavano e le rivolgevano sorrisi che non avrebbe ricambiato. Stava pensando a quanto era riuscita a non ottenere nella vita. I suoi genitori, ironia della sorte, le avevano messo un nome importante: appassionati di storia e mitologia, le avevano affibbiato il doppio meraviglioso nome di Regina Athena, credendo fosse di buon auspicio. Il peso del nome la schiacciava. Aveva 30 anni, un lavoro precario in un call center, nemmeno uno straccio di fidanzato e, adesso, era senza una famiglia. Senza una madre, in realtà. Suo padre era morto quando aveva 3 anni; ne ricordava solo il sorriso e una sensazione di calore legata ad esso, ma non avrebbe saputo dire se quello fosse un ricordo reale o immaginato. Non si soffermava mai a pensare a lui. Semplicemente non esisteva se non come una fumosa figura nei racconti di bambina. Non ne aveva avuto mai bisogno. Nel corso degli anni, una o al massimo due volte, distesa al buio nel proprio letto, si era concessa di confidare a se stessa che non gli voleva bene. Salvo inorridire subito dopo. Era impensabile che non si volesse bene al proprio padre, sangue del proprio sangue, era un abominio! Eppure, crescendo, quel pensiero sussurrato nel buio una o due volte, era diventato una certezza e l'aveva aiutata a non soffrire della di lui mancanza. Altro paio di maniche era la madre. Un rapporto simbiotico costellato di litigi e fughe di casa. L'ultima, la più duratura, era avvenuta quando aveva deciso di lasciare l'università. Non che non le piacesse studiare, non che non avesse una mente brillante ed attiva, semplicemente mal sopportava l'autorità e la corruzione di quel mondo. Quando lo disse alla madre, ci fu la lite più violenta della loro vita, che la costrinse a trovare un posto letto in affitto insieme ad altre 5 studentesse ventenni piene di piercing e coi capelli rosa.

E adesso?

Il vialetto ben curato e pulito stava per terminare; un grande cancello ne delimitava i confini. Era arrivata alla fine. E non sentiva nulla. Si voltò indietro per guardare un'ultima volta sua madre. Molti visi la guardavano dalle lapidi e le rivolgevano sorrisi che non avrebbe mai ricambiato. Sua madre era morta e lei non sentiva niente. Forse era quello il Dolore, il dolore con la D maiuscola. Il Dolore annulla tutti gli altri sensi, tutte le altre emozioni. Il Dolore annulla tutto. Come se una voragine le si fosse improvvisamente aperta all'interno risucchiandola, e in quella voragine non c'era niente. Come in una vasca di privazione sensoriale, solo che la voragine di privava anche dei pensieri. Qualcuno le passo accanto e con un buffetto sulla spalla le disse "Coraggio". Si stupì. Il ricordo della sensazione del coraggio si stava affievolendo lentamente. Si provò a lottare, a recuperare un pensiero felice. Ma il Dolore aveva vinto. Dopo tutto, ogni Regina perde il suo trono ed Athena era stata sconfitta da una mortale.